BREVE STORIA DELLA TESSITURA NEL SALENTO

a cura di G. Donno

La tessitura ha sempre avuto nel Salento una dimensione prettamente femminile, un’arte che richiedeva doti particolari come abilità, pazienza, forza e concentrazione.
Pregi e virtù che si aggiungevano alla dote della donna insieme al telaio, in grado di produrre economia

Donne, ragazze e bambine, nella tranquillità delle loro abitazioni, tessevano il loro corredo e il necessario per la loro famiglia. Quasi tutte le famiglie avevano un telaio, ereditato da madri o nonne o fatto costruire appositamente da abili falegnami. Quello tradizionale Salentino, di origine antichissima, funziona a pedali, ha forma rettangolare ed è fatto generalmente con legno d’ulivo.

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indicando che la tessitrice viveva inchiodata al suo telaio mentre la contadina bruciacchiata dal sole in campagna

Il Salento non progredisce neanche dopo l’Unità d’Italia perché lontano dal centro del potere politico e soprattutto per via delle aristocrazie locali poco propense ai cambiamenti. Le attività legate alla tessitura continuano a essere svolte con mezzi antiquati impedendo lo sviluppo della produzione e l’ammodernamento della tecnica. Lo stesso vale per le coltivazioni legate alla tessitura in quanto l’agricoltura, in terra d’Otranto, continua a essere latifondista con pochi appezzamenti di terreno di proprietà dei contadini a garanzia della sussistenza e del fabbisogno locale. A fine Ottocento si coltiva cotone, lino, agave e si producono seta, lana e bisso. La coltivazione del cotone, chiamato bambagia, si espande durante il periodo borbonico restando sempre a livello più artigianale e familiare. I grandi latifondisti che coltivavano il cotone, su ampie zone, quasi mai impiantano opifici per la lavorazione ma preferiscono venderlo grezzo con la lana all’estero, soprattutto in Inghilterra. Le fasi preliminari della lavorazione, battitura e cardatura, sono localizzate nelle campagne ed è impiegata solo manodopera femminile.

La produzione di lino e canapa è irrisoria e poco adatta alla tessitura di qualità mentre l’agave americana è utilizzata per la realizzazione di funi. In alcune zone di mare si incrementa, ma senza grande successo, la produzione del bisso ricavato dal filamento della “Pinna nobilis” conosciuto anche come “seta di mare”. La lana della pecora salentina, detta di “razza moscia” non è di grande qualità ed è utilizzata per la realizzazione di tessuti molto grezzi. La produzione della seta in Terra d’Otranto è favorita da una legge che prevede incentivi per la piantumazione degli alberi di gelso, la pratica dura fino agli inizi del Novecento non portando i risultati di sviluppo sperati.

Una figura fondamentale legata al modo della tessitura è quella del mercante ambulante che distribuisce alle donne il cotone o la lana già filata. Questi filati diventano tessuti, sono ritirati dal mercante in una data stabilita e trasportati al Nord per essere utilizzati nell’industria manifatturiera sia italiana che estera.

Nella prima metà dell’Ottocento, a causa di una grave crisi agricola, c’è un aumento della disoccupazione, di mendicanti e di bisognosi che riempiono istituiti ospizi, orfanotrofi e case d’accoglienza per lo più affidate a suore e finanziati dalle autorità pubbliche. Le ragazze prestano manodopera gratuita per la tessitura, la filatura e il ricamo e attirano l’attenzione delle autorità locali facendo sì che i prodotti tessili siano sempre presenti alle esposizioni nazionali ottenendo anche premi importanti. Sul territorio sono presenti due opifici del genere, quello delle Suore di Carità di Lecce ossia l’Istituto di Educazione femminile “Principe Umberto” e quello dell’Orfanotrofio di Galatina.

Tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, per promuovere una maggiore produzione, sono impiantati nel Salento un paio di opifici che, introducendo nuovi macchinari, avrebbero potuto facilitare il lavoro, aumentare e diversificare la produzione. Ma l’artigianato tessile rifiuta la novità e resta legato a un ambito familiare e casalingo.

Nel 1901 nasce la “Scuola di Casamassella”, una frazione di Uggiano la Chiesa, fondata da Carolina De Viti De Marco e dalla cognata Etta De Viti De Marco, rispettivamente sorella e moglie del noto economista e senatore italiano Antonio De Viti De Marco. La scuola non è il solito opificio ottocentesco ma un laboratorio dove si sperimenta un “femminismo pratico”. Carolina insegna le tecniche del merletto, attraverso lo studio dei punti antichi, per dare valore al lavoro artigianale elevandolo a dignità artistica e sottraendo le allieve allo sfruttamento degli intermediari, in quanto partecipano attivamente agli utili del proprio lavoro. Lo spirito emancipazionista di questa scuola fa capo alle I.F.I. (Industrie Femminili Italiane) la cui co-fondatrice era proprio Etta De Viti De Marco (il vero nome è Harriet Latrhop Dunham. Una donna statunitense, colta e politicamente impegnata, sostenitrice dei diritti delle donne).

Le I.F.I. sono una società cooperativa fondata da alcune donne appartenenti all’aristocrazia e all’alta borghesia, dette emancipazioniste, che lottano affinché il lavoro diventasse un mezzo per promuovere la cittadinanza attiva femminile. Nel primo decennio del ‘900 i laboratori consorziati diventano famosissimi grazie alla partecipazione alle Esposizioni Universali. Contemporaneamente alla scuola di Casamassella, Carolina De Viti De Marco a Maglie dirige la sezione della Scuola d’Arte. Nel 1908 nella scuola di Casamassella sono presenti circa 500 allieve e lavoranti, il successo è unicamente dovuto alla tenacia e al lavoro infaticabile di Donna Carolina ed Etta De Viti De Marco.

È un periodo ricco di viaggi per recuperare materiali inediti, di incontri importanti come la pacifista inglese Emily Hobhouse la quale, conoscendo i lavori della scuola di Casamassella, propone di inviare una maestra per insegnare il punto Burano alle donne Boere distrutte dalla guerra con gli Inglesi del 1899-1902. Viene scelta Lucia Starace, figlia di Carolina e si trasferisce per due anni in Sud Africa dove apre una scuola di ricamo collegata a Casamassella che resta aperta sino al 1938. Ritornata in Italia si trasferisce a Villa Carmosina di Casamassella con la figlia Costanza e apre una nuova scuola e un laboratorio di tessitura.

Il ciclo di lavorazione del suo opificio è completo: si coltiva il cotone, si allevano le preziose pecore karakul da cui si ricava un’ottima lana, si allevano i bachi da seta, si tingono i tessuti in maniera naturale, si tesse, si confeziona e si rifiniscono i capi. Tutte le donne del paese sono coinvolte.

Due allieve appassionate frequentarono il laboratorio di tessitura di Lucia Starace, sono le sorelle Maria Antonietta e Maria Teresa Solazzo che, nel laboratorio di Casamassella, imparano ad utilizzare il telaio, a fare propri i segreti del mestiere e, soprattutto, a mettere su carta qualsiasi illustrazione per poterla trasferire sul telaio. Maria Antonietta, sin da piccola, dimostra un talento innato per il disegno la sua fonte d’ispirazione è la natura, le piante, il territorio in generale tanto che mette su carta i più significativi pittogrammi della Grotta dei Cervi di Porto Badisco. Ha una particolare necessità di modernizzare i manufatti della tradizione partendo dalla vecchia bisaccia utilizzata dai contadini.

Ci vogliono vent’anni di studi, prove e rifacimenti per arrivare alla nascita di una variante del Fiocco Leccese denominata Fiocco Surano, divenuto famoso e richiestissimo soprattutto nella seconda metà del ‘900. Le sorelle Solazzo sono invitate alle più importanti mostre e fiere dalla Camera di Commercio di Lecce e, nel 1948 sull’esempio delle Starace, creano un laboratorio di tessitura a Surano nella convinzione che quest’antica arte sarebbe stata in grado di emancipare le donne del paese rendendole più libere a livello economico. Il loro primo telaio gli è donato proprio dalla famiglia Starace ed oggi una parte dei telai del laboratorio di Surano, ormai chiuso, sono ritornati a Casamassella.

Nella FOTO telaio del laboratorio delle Sorelle Solazzo per gentile concessione di Francesca Chiriatti

Laboratorio TeDeSLab Weave

Orari 9:00 – 13:00

Ci trovi in

Piazzetta delle Giravolte nel Centro storico di Lecce

Il Laboratorio di tessitura è sede del Progetto TeDeSLab Weave e presto ospiterà la Startup delle partecipanti (Bando Artigianato sostenuto dalla Fondazione CON IL SUD in collaborazione con OMA)